lunedì 14 marzo 2011

Da “guastatore” a conduttore tv. Ferrara vince facile?

Parole che fanno notizia quelle di Giuliano Ferrara, che stavolta non si è guadagnato la solita ospitata televisiva, bensì un nobile spazio nel palinsesto primaverile di RaiUno. Un editoriale di cinque minuti che da stasera andrà in onda dal lunedì al venerdì alle 20,30, tra il Tg1 di Augusto Minzolini e i pacchi di Affari tuoi. Uno spazio storicamente ambito e rimasto vuoto dopo l’ultima puntata del Fatto di Enzo Biagi.

«Ho avuto l’offerta di rifare la mia vecchia rubrica Radio Londra e l’ho accettata». Così il direttore del Foglio spiegava, alla fine dello scorso febbraio, il suo imminente ritorno in tv a quasi quattro anni dall’abbandono - nel 2007 - della conduzione di Otto e mezzo su La7. Qui Radio Londra è il titolo del nuovo programma, che si ispira a quello che l’Elefantino fece tra il 1988 e il 1994, prima per Canale5 e poi per Italia1. 
«Spero di fare polemica, di rompere la cappa di ipocrisia, di dispiacere a certi giornali, a certi commentatori». Una speranza, quella di Ferrara, che si è realizzata ancora prima di averla dichiarata. La sua recentissima discesa in campo - giornalistico e politico - a difesa del premier Silvio Berlusconi, coinvolto nel caso Ruby-gate, ha infatti già infuocato gli animi. Come non sono affatto passate inosservate le sue pubbliche accuse rivolte al Gruppo Espresso il 10 febbraio scorso - durante un’ospitata di 6 minuti in diretta al Tg1 delle 20 - colpevole, a suo dire, di voler «abbattere Berlusconi con mezzi extra-parlamentari ed extra-istituzionali». Ma a chi a sua volta lo accusa di essere poco credibile di fronte al pubblico televisivo italiano, perché dichiaratamente “di parte”, lui risponde: «Non sono il consigliere di Berlusconi. Faccio un giornale, scrivo dei commenti e in questo senso do consigli alla politica». E aggiunge: «Il Cavaliere mi darà mille occasioni per parlare male di lui». Ma allo stesso tempo sottolinea: «Sull’inchiesta di Milano però ho le idee chiare: è un processo stregonesco, messo in piedi da pedinatori, giornalisti e magistrati. Un boomerang per gli oppositori del premier. L’alternativa ai leader si costruisce con la politica».

La bufera sull’ammontare del compenso, poi, non promette di placarsi in tempi rapidi. Lo stesso Ferrara, nei giorni scorsi, ha dichiarato a Repubblica.it che guadagnerà «3 mila euro a puntata, 15 mila euro a settimana. Contratto di due anni, opzione per il terzo». E c’è già chi si schiera in sua difesa, come il quotidiano Libero, che in un articolo di Franco Bechis ha pubblicato i compensi di altri presentatori Rai, da Fabio Fazio (34 mila euro per ogni puntata di Che tempo che fa) a Michele Santoro (19.500 euro per ogni serata di Annozero), da Giovanni Floris (17 mila per Ballarò, più i bonus legati allo share) al defunto Enzo Biagi (che tra il 1995 e il 2002 per Il Fatto avrebbe intascato il doppio del compenso previsto attualmente per Ferrara). E c’è chi, come Marco Travaglio - a proposito del via libera del consiglio di amministrazione della Rai all'introduzione di alcune variazioni nella programmazione televisiva, come appunto Qui Radio Londra - intervistato da Affaritaliani.it ironizza così:  «Ferrara al posto di Biagi? Benissimo, finalmente! A RaiUno si sentiva proprio la mancanza di una voce vicina al Presidente del Consiglio. È una rete piena di comunisti. Era ora che si riequilibrasse un po’ tutto quell’anti-berlusconismo».

Ferrara però non sembra temere il confronto con il suo predecessore Biagi e la critica politico-giornalistica: «Non sono Biagi, non accarezzo il pelo del gatto nel verso giusto. Ho messo in conto le critiche. E conosco l’apologo di Arbasino: brillante promessa quando lavoravo a RaiTre, solito stronzo quando andai sulle tv di Berlusconi, venerato maestro a Otto e mezzo dove volevano venire tutti. Per un certo ambiente, ora tornerò il solito stronzo».

Il “guastatore” Ferrara per ora si è facilmente guadagnato la sua poltrona di conduttore. Per non cadere, però, dovrà fare boom di ascolti. E forse vincere non sarà così facile.


mercoledì 2 marzo 2011

Giovanni Guglielmo ai “Martedì del Conservatorio”. Un concerto, tre generazioni a confronto

Un confronto arricchente quello assaporato ieri pomeriggio - sia dagli interpreti sul palco che dal numeroso pubblico in sala - alla Schubertiade dei “Martedì del Conservatorio” di Vicenza. Un concerto interamente dedicato all’opera cameristica di Schubert, interpretata da tre diverse generazioni di musicisti. La prima, rappresentata dal soprano Silvia Celadin e dal pianista Pierluigi Piran, poco più che trentenni, che hanno avuto l’opportunità di suonare “alla pari” con due Maestri di decennale esperienza. La seconda, rappresentata dal M° Antonio Maria Tessoni, titolare dal 1989 della cattedra di Pianoforte Principale presso il Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza ed ideatore del concerto. Infine la terza, rappresentata dal M° Giovanni Guglielmo, la cui carriera vanta numerosi e prestigiosi incarichi nonché riconoscimenti. È stato, infatti, primo violino solista dell’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia e dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia di Roma, direttore del Conservatorio di Vicenza, fondatore di famosi gruppi cameristici quali L’Arte dell’Arco e I Solisti Filarmonici Italiani, Accademico dell'Accademia Olimpica di Vicenza e Socio Corrispondente dell'Accademia Galileiana di Padova.

«Il rapporto con i giovani è per me vitale, non sento nessuna differenza» spiega il M° Guglielmo, che ha regalato al pubblico due Sonate per violino e pianoforte. La Sonata in sol minore op. 137 n° 3 in duo con il giovane Piran e la Sonata in la maggiore op. postuma 162 in duo con il M° Tessoni. Piran ha commentato così la sua esecuzione: «Suonare con il Maestro Guglielmo è un piacere ed è molto facile. Ho avuto l’onore di suonare anche in passato con lui, con il Maestro Tessoni e con Silvia, ma stasera sono felice di aver avuto l’opportunità di farlo insieme a tutti loro».

Tessoni, che ha fortemente voluto questo concerto, sottolinea che il suo principio ispiratore è stato quello di «permettere l’incontro fra diverse personalità di musicisti - anche in età diversa - per creare una possibilità di scambio, di comunicazione attraverso la musica e di arricchimento reciproco». Ha suonato infatti in duo anche con la Celadin (Cinque Lieder per soprano e pianoforte su poesie di Wolfagang Goethe) e con Piran (Allegro in la minore op. 144 Lebensstürme - Tempeste della vita - per pianoforte a quattro mani). «Se non c’è un contatto umano tra i due pianisti è difficile poter suonare insieme. Bisogna volersi bene», puntualizza Piran.

Come bis i quattro musicisti hanno presentato il trio Der Hirt auf dem Felsen (Il pastore sulla roccia), originariamente per voce, clarinetto e pianoforte, ma curiosamente adattato per l’occasione: il violino al posto del clarinetto e al pianoforte non uno bensì due pianisti. «Il trio di Schubert nasce con il clarinetto, che è più simile alla voce, però con il violino del Maestro Guglielmo ho sentito la forza del dialogo. Era come parlare senza aver bisogno di parlare», ha commentato la Celadin.

«Ognuno di noi ha portato il suo bagaglio di esperienze, chi maggiore e chi minore. E questo ha creato una vivacità, un’interazione anche sul piano umano, che è quello che permette alla musica di essere, di vivere e di arrivare anche a chi l’ascolta. Se non c’è l’umanità delle persone, arriva poco». Un monito - quello di Tessoni - che non ha età.