Una cartaccia che vola dal finestrino di una lussuosa auto in corsa. Un’immagine che purtroppo non sono riuscita ad immortalare - per testimoniare l’ignoranza di un'umanità immonda - ma che mi torna in mente ogni volta che cammino in campagna, lontano dal caos cittadino. Un’immagine che ahimè si materializza ad ogni passo in una incredibile varietà di oggetti che giacciono sul ciglio della strada, nelle tranquille acque dei fossati, sull’erba dei campi, offendendo e deridendo Madre Natura.
Nel giro di 2 chilometri di viuzze immerse nel verde di uno sconosciuto paesino veneto, non si riescono a contare tutti quei “cadaveri” - di plastica, di carta, di alluminio, di polistirolo ecc. - che danno fastidio non solo alla vista, ma soprattutto al cuore. Ed è spontaneo pensare alla mano di chi li ha gettati per terra volontariamente, cercando di dargli un volto, cercando di capire il perché di un simile gesto. Disgustoso e immotivato.
Il volto di chi ha mangiato caramelle.
Il volto di chi ha fatto merenda.
Il volto di chi si è soffiato il naso.
Il volto di chi ha lavato i vetri.
Il volto di una donna con il ciclo mestruale.
Il volto di chi “lancia” sacchetti pieni.
Il volto di chi ha comprato un decoder.
Se, come disse Aristotele, “noi siamo ciò che facciamo ripetutamente”… beh, siamo proprio immondizia.